Il nuovo regime agevolato degli impatriati a partire dal periodo di imposta 2024
In questo articolo analizziamo la nuova normativa sul Regime degli Impatriati, che è in vigore dal 1° gennaio 2024, sostituendo la legislazione precedente.
In questo articolo analizziamo la nuova normativa sul Regime degli Impatriati, che è in vigore dal 1° gennaio 2024, sostituendo la legislazione precedente.
Questo articolo esamina la richiesta di rimborso nel contesto del distacco e l’applicabilità del regime impatriati, facendo riferimento alla normativa precedente al 1° gennaio 2024.
L’estensione del regime dei «vecchi impatriati» per ulteriori cinque periodi di imposta è applicabile senza il pagamento dell’imposta del 10% anche per coloro che hanno trasferito la residenza in Italia dal 30 aprile al 2 luglio 2019. Lo ha chiarito l’agenzia delle Entrate in una risposta a un interpello finora non pubblicato.
Testo della risposta all’interpello Regime Impatriati.
𝐿’𝑎𝑛𝑎𝑙𝑖𝑠𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑙𝑒𝑡𝑎, 𝑠𝑐𝑟𝑖𝑡𝑡𝑎 𝑐𝑜𝑛 𝑖𝑙 𝑐𝑜𝑙𝑙𝑒𝑔𝑎 𝑀𝑎𝑟𝑐𝑜 𝑁𝑒𝑠𝑠𝑖 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑒𝑤𝑠𝑙𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟 𝑁𝑇+ 𝐹𝑖𝑠𝑐𝑜 𝑑𝑒 𝐼𝑙 𝑆𝑜𝑙𝑒 24 𝑂𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙 18 giugno 2024.
La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia n. 1118 del 19 aprile 2024, ha confermato un trend oramai quasi consolidato della Giurisprudenza tributaria, secondo la quale l’accesso al regime “impatriati” non è un’opzione e, pertanto, garantisce il diritto al rimborso.
In base alla Corte di Giustizia Tributaria di Milano, non vi è alcun dubbio che il contribuente abbia il diritto di chiedere l’applicazione della tassazione di favore nella dichiarazione dei redditi.
Inoltre, nel caso di mancato esercizio di tale diritto in dichiarazione non si può precludere la richiesta di rimborso della maggiore imposta pagata rispetto a quella dovuta, sussistendo i requisiti previsti dalla Legge.
Pertanto, il giudice tributario sostiene che “l’agevolazione spettante agli impatriati, costituisce una modalità di applicazione dell’imposta e non un’opzione, ossia una scelta tra due regimi”.
Quindi, la dichiarazione dei redditi non può che essere considerata, nel caso specifico, quale dichiarazione di scienza e non certo di volontà, essendo quindi emendabile anche attraverso istanza di rimborso nei limiti dei 48 mesi.
In tale contesto giurisprudenziale, lo Studio, le possibili soluzioni sono collegate alla richiesta di rimborso ed inevitabilmente, per effetto del silenzio rifiuto dell’Agenzia delle Entrate, all’attivazione del contenzioso.
Il regime impatriati con decorrenza 1° gennaio 2024 subirà un cambiamento nella durata e nei requisiti.
Già con la riunione del 16 ottobre 2023 il Consiglio dei Ministri ha approvato il Documento programmatico per la legge di Bilancio 2024, nonché un decreto legislativo attuativo della legge delega per la riforma fiscale dedicato alla fiscalità internazionale.
A tale riguardo si evidenzia la proposta di modifica del regime impatriati di cui all’articolo 16 del D.lgs 14 settembre 2015, n. 147.
Tale misura dovrà essere approvata definitivamente dal Parlamento. In allegato l’ultima versione contenuta nell’articolo 5 “nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati” contenuta nel numero 90 dell’Atto di governo sottoposto a parere parlamentare.
Tale versione, dovrebbe essere considerata oramai definitiva, salvo variazioni in fase di ultima approvazione.
Nell’ultima bozza trasmessa alla Presidenza del Senato in data 7 novembre 2023 (allegata alla presente), si stabilisce che il nuovo regime impatriati, restrittivo, NON si applica ai contribuenti che trasferiscono la residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023; prevedendo a tale riguardo un regime transitorio. Pertanto, per tali soggetti che acquisiscono la residenza anagrafica in Italia nel 2023, senza acquisire nel 2023 la residenza fiscale di cui all’articolo 2 del Dpr 917/86, verrà comunque applicato il regime attuale piu favorevole con abbattimento della base imponibile del 70% oppure 90%.
A tale riguardo, particolare attenzione dovrà essere posto al nesso di causalità tra il trasferimento della residenza e l’attività lavorativa, onde evitare contenziosi, ad oggi numerosi e pendenti con l’Agenzia delle Entrate.
Le nuove condizioni per la nuova norma del regime impatriati sono le seguenti:
Una delle novità piu’ importanti è concentrata dalla specifica richiesta dei requisiti di lavoratori con elevata qualificazione o specializzazione.
Cio’ considerato, è necessario farsi riferimento a quanto previsto dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108, il quale, recependo la Direttiva europea n. 2009/50/CE, prevede che tale requisito ricorre nelle ipotesi di:
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La sentenza n. 2587/2023 della Corte di Giustizia Tributaria di Milano, stabilisce che il collegamento diretto tra l’attività lavorativa e il trasferimento della residenza in Italia, per disporre del regime impatriati non è necessario, in quanto non richiesti dalla norma ed è solo previsto dalla Prassi dell’Agenzia delle Entrate.
Uno dei problemi più sentiti da coloro che acquisiscono la residenza in Italia, soprattutto dopo il 3 luglio 2023 e prima del 31 dicembre 2023, ai fini dell’applicazione del regime impatriati, è il preteso (da parte dell’Agenzia delle Entrate) nesso di causalità tra il trasferimento della residenza e l’attività lavorativa.
Infatti l’Agenzia delle Entrate sia nella CM 33/2020, paragrafo 1, che nella la CM 17/2017 (parte II, paragrafo 3.1) nonché in risposte ad Interpelli pubblici (Risposta 59/2020) ha sostenuto che possono fruire degli incentivi, di cui trattasi, anche coloro che trasferiscono la residenza in Italia prima di iniziare lo svolgimento di detta attività, a condizione che sia ravvisabile un collegamento tra i due eventi.
Tale collegamento, può essere riconosciuto, ad esempio, ad un contribuente che, trasferitosi in Italia nel mese di maggio 2023, in seguito ad un pre-contratto stipulato nell’aprile del 2023 sia stato assunto nel mese di settembre 2023.
Mentre, non può prefigurarsi un nesso causale tra i due eventi laddove il rientro in Italia sia genericamente preordinato alla ricerca di un impiego, oppure nel caso in cui non sia preceduto da accordi puntualmente formalizzati o dalla sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro.
Il nesso di causalità tra il trasferimento della residenza e l’attività lavorativa in Italia è previsto solo dai documenti di Prassi dell’Agenzia delle Entrate e non dalla stessa norma di cui all’articolo 16 Dlgs 147/2015.
Questo è il senso della sentenza n. 2587 pubblicata il 10 luglio 2023della Corte di Giustizia Tributaria di 1° grado di Milano, che ha provveduto a decidere, relativamente al regime impatriati, del ricorso di un contribuente che, rientrata dall’estero in Italia nel 2019 aveva iniziato a lavorare presso la filiale italiana della multinazionale presso la quale aveva precedentemente lavorato in Brasile, nel febbraio 2020, vedendosi rifiutare il rimborso delle imposte pagate sui redditi di lavoro dipendente prodotti nel territorio dello Stato italiano nel 2020.
La sentenza della CGT di Milano n. 2587 del 10/7/2023, stabilisce testualmente che: “La norma non prescrive, invece, alcun periodo temporale minimo che debba intercorrere tra la data di trasferimento in Italia e l’inizio dell’attività lavorativa; neppure richiede una disamina dei motivi soggettivi che avrebbero indotto il contribuente a trasferirsi in Italia.”.
I giudici, quindi hanno evidenziato nella stessa decisione che il lasso temporale dei 6 mesi trascorsi tra l’iscrizione nelle anagrafe della popolazione residente e l’inizio dell’attività lavorativa è stato reputato compatibile con le esigenze connesse al trasferimento della contribuente e della famiglia in Italia; pertanto si tratterebbe di una mera circostanza fattuale, che nulla ha a che vedere con i requisiti richiesti per l’accesso al regime, ritenuti sussistenti nel caso di specie.
La pronuncia rientra nell’ambito di un filone di sentenze favorevoli al contribuente nell’ambito del regime impatriati, diretto a tutela i diritti dei cittadini rispetto ad interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate definite “ultra legem”.
Infatti, è possibile sostenere che la posizione restrittiva dell’Amministrazione Finanziaria, non solo non trova alcun riferimento normativo e contrasta con la ratio della legge del regime impatriati, ma evoca anche contraddizione e assoluta aleatorietà, inducendo i contribuenti in errore, creando confusione e costi ingiustificati, visto l’importanza dell’agevolazione ai fini della riduzione delle imposte.
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di Marco Nessi e Alberto Traballi
tratto da NT+ Fisco de Il Sole 24 Ore del 7 luglio 2023.
Nella circolare 7 giugno 2023, n. 52, l’Inps ha risolto soltanto parzialmente, per i lavoratori impatriati (ex articolo 16 e seguenti, Dlgs 147/2015) l’annoso dubbio interpretativo relativo alla formazione della corrispondente base imponibile previdenziale, avendo affermato che, nei casi di barratura della casella in corrispondenza dei quadri RF e RG (relativi alle imprese individuali), la base imponibile è la stessa individuata ai fini Irpef.
In base all’articolo 16 del Dlgs 147/2015, i redditi di lavoro dipendente (ed assimilabili) e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato (ex articolo 2, Tuir), concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30% del loro ammontare al ricorrere delle seguenti condizioni:
1. i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi di imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni;
2. l’attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano.
Il regime impatriati è applicabile anche ai redditi d’impresa prodotti dai soggetti che avviano un’attività d’impresa in Italia, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019.
Alla luce di quanto sopra, se ai fini fiscali è indubbia l’uniformità di trattamento tra i differenti soggetti (in quanto, in tutti i casi, ai fini Irpef concorre alla formazione del reddito complessivo soltanto il 30% dei relativi redditi), ai fini contributivi i chiarimenti forniti dall’Inps, essendo stati limitati ai solo imprenditori individuali (ed avendo escluso i lavoratori autonomi), determinano legittimamente una situazione di incertezza in merito alla possibilità di uniformare il trattamento contributivo applicabile nei confronti dei vari soggetti interessati dell’agevolazione.
In tal senso si consideri che:
In senso analogo, in assenza di deroghe espresse, anche il trattamento previdenziale dei lavoratori autonomi impatriati dotati di casse previdenziale (avvocati, commercialisti, geometri, etc.) deve ritenersi uniformato alla base imponibile agevolata ai fini fiscali. Questa conclusione trova un’implicita conferma nelle istruzioni diramate dalle medesime casse di previdenza, in cui è espressamente indicata la necessità di far riferimento ai fini previdenziali al reddito dichiarato ai fini fiscali.
Con riferimento ai lavoratori dipendenti impatriati, però, non sussiste alcun specifico chiarimento da parte dell’Inps relativamente alle modalità di determinazione della base imponibile ai fini contributivi. Ad oggi, i sostituti di imposta, ovvero i datori di lavoro che ricevono dal dipendente l’autocertificazione per l’applicazione del regime impatriati, provvedono a derogare al principio contenuto nel Dlgs 314/97 dell’armonizzazione delle basi imponibili ai fini fiscali e previdenziali. Pertanto, per i lavoratori dipendenti, l’agevolazione del regime impatriati è “limitata” ai soli fini fiscali mentre ai fini previdenziali i contributi sono richiesti sull’intero reddito. La mancata armonizzazione fiscale e previdenziale dei dipendenti, se confermata, determina un ingiustificato diverso trattamento tra i lavoratori autonomi e gli imprenditori da una parte e i lavoratori dipendenti dall’altra. Sulla questione è quindi auspicabile un intervento chiarificatore da parte dell’Inps.
E’ prevista una tassazione agevolata dei redditi dei Lavoratori Impatriati, al fine di incentivare il trasferimento nel Sud Italia di lavoratori con alte qualificazioni e specializzazioni.
L’Agenzia delle Entrate sia con la Circolare Ministeriale n. 33/E del 2020 che con la risposta all’Interpello n. 59/2020 ha sostenuto che non è ammesso il recupero, tramite dichiarazione integrativa, dell’agevolazione dei rimpatriati, per le annualità per le quali il contribuente non ha effettuato la richiesta al datore di lavoro o non ne abbia data evidenza nelle dichiarazioni dei redditi i cui termini di presentazione ordinari siano scaduti.
Ciò detto, contrariamente alla posizione restrittiva dell’Agenzia delle Entrate, è possibile il recupero degli anni in cui la dichiarazione è stata presentata attraverso la richiesta di rimborso. Infatti la Commissione Tributaria Provinciale di Milano con la sentenza n. 4779/1/2021 del 22/12/2021 e successivamente la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con sentenza n. 4023 del 20 ottobre 2022, hanno stabilito che è legittima l’istanza di rimborso delle imposte versate in misura piena per effetto della mancata applicazione del regime impatriati di cui all’articolo 16 del Dlgs 147/2015.
La Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha stabilito con la sentenza n. 4779/2021 che, in presenza dei requisiti per accedere al beneficio del regime degli impatriati, qualora non sia stata effettuata alcuna richiesta al datore di lavoro, risulta possibile la richiesta di rimborso dell’eccedenza delle imposte versate. Analogamente la recentissima sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 4023 del 20/10/2022.
Le modalità di esercizio dell’agevolazione sono contenute nella CM 33/2020 e si differenziano a seconda che si tratti di lavoratore dipendente oppure lavoratore autonomo.
Esercizio dell’agevolazione nella Dichiarazione Dei Redditi
Secondo l’Agenzia delle Entrate, con la Circolare Ministeriale n. 33/E del 2020 e che con la risposta all’Interpello n. 59/2020, qualora il lavoratore non abbia formulato alcuna richiesta al proprio datore di lavoro nel periodo di imposta in cui è avvenuto il rimpatrio, né abbia dato evidenza nelle relative dichiarazioni dei redditi, i cui termini di presentazione sono scaduti, per detti periodi di imposta l’accesso al regime deve considerarsi precluso. La Circolare n. 33/2020 evidenzia che per “termine di presentazione” si deve ritenere quello ordinario di presentazione del Modello Redditi Persone Fisiche.
Nel caso in cui il contribuente non si sia avvalso dell’agevolazione al momento della presentazione della dichiarazione, ad esempio nel modello 730 presentato nei termini, può avvalersene presentando nei termini ordinari il Modello Redditi Persone Fisiche (correttiva nei termini). Si considerano comunque valide le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza del termine, salva l’applicazione delle sanzioni amministrative per ritardo (dichiarazioni tardive).
Si evidenzia, tuttavia, che il contribuente che non ha esercitato il diritto per uno o piu’ anni, potrà fruire del regime per i restanti periodi di imposta del quinquiennio agevolabile.
Deve essere evidenziato che una volta trascorso il suddetto periodo, secondo l’Agenzia delle Entrate, è preclusa la possibilità di indicare il reddito agevolabile in misura ridotta. Pertanto, per l’Agenzia delle Entrate, quindi è preclusa la possibilità di presentare una dichiarazione dei redditi (integrativa a favore) oltre il termine di 90 giorni dalla scadenza ordinaria. Quindi, l’integrativa a favore con richiesta di rimborso delle imposte dovute non appare ipotesi applicabile per l’Agenzia delle Entrate.
Le sentenze della Giurisprudenza e l’attività di consulenza fino al contenzioso dello Studio Traballi & Associates
Come anticipato, quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate, in merito ai termini di esercizio del regime impatriati, nonché della impossibilità di usufruirne scaduto il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi, è contenuto solamente nella CM 33/2020 e nella risposta ad interpello n. 59/2020.
Poiché sia la Cassazione (sentenza n. 6185/2017), sia il Consiglio di Stato (sentenza n. 567/2017) che addirittura la Corte Costituzionale (sentenza n. 33/2019), hanno più volte chiarito che le circolari dell’Amministrazione non vincolano cittadini e aziende, né il giudice, non costituendo fonte di diritto e dovrebbero limitarsi a fornire indicazioni utili agli uffici preposti sul territorio all’attuazione delle norme stesse.
Cio’ premesso, le possibili soluzioni passano attraverso la procedura di richiesta di rimborso, ed inevitabilmente, per effetto del silenzio rifiuto dell’Agenzia delle Entrate, con il contenzioso.
Lo Studio è specializzato nello specifico sul regime dei impatriati e sull’attività di richiesta di rimborso fino al contenzioso tributario in Commissione Tributaria.
L’ordine e la Fondazione dei Commercialisti di Monza e Brianza comunicano che è possibile iscriversi all’evento “Lavoratori rimpatriati: problematiche operative della residenza fiscale e AIRE” con Marco Mosconi e Alberto Traballi.
Nel corso dell’incontro saranno affrontate le principali tematiche riguardanti il regime fiscale dei lavoratori impatriati, con particolare attenzione alle implicazioni della residenza fiscale e AIRE.
La conferenza si terrà il 26 Ottobre 2022 dalle 14.30 alle 17.30 in diretta attraverso la piattaforma GotoWebinar.
Si allega la locandina con le informazioni complete.
Tel e Fax: + 39 039 2300844
E-mail: info@traballitaxadvisor.com
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