Rimborso per Lavoratori che applicano il regime impatriati a seguito del rientro in Italia dal distacco all’estero
(Art. 16 del D.lgs 147/2015 come modificato dall’art. 5 del DL 34/2019).
Le Corti di Giustizia Tributaria (e le Commissioni Tributarie) con numerose sentenze (fra le più significative le sentenze della CTR della Lombardia n. 2816 del 2023 e quelle della Corte di Giustizia Tributaria di 2° grado della Lombardia, la n. 1118 del 19/4/2024, la n. 2343 del 10/9/2024 nonché l’emblematica sentenza n. 942/2024 della Corte di Giustizia di I° grado di Milano), con una posizione giurisprudenziale assolutamente prevalente a favore del contribuente, sanciscono che il regime fiscale agevolato “cd degli impatriati”, previsto dall’art. 16 del Dlgs 147/2015 può essere applicato ai dipendenti che rientrano in Italia a seguito del distacco all’estero.
La categoria dei lavoratori distaccati all’estero, riguarda quei soggetti che sono inviati all’estero per alcuni anni da parte di una società italiana e, quasi sempre presso una società appartenente allo stesso Gruppo, per poi rientrare in Italia presso la stessa società italiana (Lavoratori Impatriati). Le motivazioni sono da individuarsi nello sviluppo delle esperienze internazionali per dipendenti ad alto potenziale, in grado di poter garantire al loro rientro in Italia elevati standard a favore delle stesse multinazionali.
La Ratio della norma del regime impatriati applicabile anche ai soggetti distaccati
Non c’è dubbio che tale approccio sia pienamente conforme alla ratio della norma e alla sua estensione, in quanto espressa nella relazione illustrativa allo “Schema di decreto legislativo delegato recante misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese”, detto anche “Decreto Internazionalizzazione” (D.lgs 14/9/2015 n. 147), che con riferimento all’articolo 16, prevede testualmente che l’obiettivo della norma è “… quello dell’attrazione in Italia di capitale umano qualificato necessario all’internazionalizzazione delle imprese che operano in Italia …”.
Le rilevanti difficoltà interpretative nell’applicazione dell’agevolazione dei del regime impatriati ai soggetti distaccati, nella versione disciplinata dall’art. 16 del Dlgs 147/2015 (valida con effetti ai rientri in Italia fino al 31/12/2023) ha spinto il legislatore ad individuare un criterio oggettivo basato su il numero di anni di presenza all’estero nell’attuale normativa di cui all’art. 5 del Dlgs n. 209/2023 che abroga la precedente con effetti dal 1/1/2024. (Si veda la nuova normativa descritta nell’articolo: Il nuovo Regime agevolato degli Impatriati a partire dal periodo di imposta 2024).
La posizione dell’Agenzia delle Entrate riguardo al distacco e al regime impatriati
La posizione restrittiva dell’Amministrazione Finanziaria, riguardo all’applicazione dell’agevolazione impatriati seguente al rientro in Italia di soggetto distaccato, non trova alcun riferimento normativo e contrasta con la ratio della legge del regime impatriati.
Si deve premettere, che nella inziale versione della disciplina definita “regime dei contro-esodati”, di cui alla Legge n. 238 del 30 dicembre 2010 (poi sostituita con il regime impatriati di cui al Dlgs 147/2015), il legislatore aveva espressamente escluso i lavoratori “distaccati” dall’agevolazione.
Pertanto, il legislatore, nella formulazione ed evoluzione della successiva norma, rispetto al regime contro-esodati, ha espunto tale divieto, optando chiaramente per una scelta differente, ovvero includendo di fatto i lavoratori distaccati nell’ambito dei soggetti potenzialmente agevolabili, evidenziato la completa apertura della norma del regime degli impatriati a favore dei soggetti “distaccati”.
A fronte di tale completa apertura della norma ai soggetti “distaccati”, l’Amministrazione finanziaria ha sempre assunto, inspiegabilmente, una posizione assolutamente restrittiva e con mutevoli prese di posizione, confermando un atteggiamento contra lege, e alquanto aleatorio.
La posizione dell’Amministrazione Finanziaria nella CM 17/E/2017
La prima posizione restrittiva dell’Agenzia delle Entrate è contenuta nella Circolare n. 17/E/2017 (parte II, paragrafo 3.1. In particolare, secondo l’Agenzia deve essere escluso l’accesso all’agevolazione per i lavoratori che rientrano in Italia da posizioni di distacco all’estero:
“in quanto il loro rientro, avvenendo in esecuzione delle clausole del preesistente contratto di lavoro si pone in sostanziale continuità con la precedente posizione di lavoratori residenti in Italia e, pertanto, non soddisfa la finalità attrattiva della norma”.
Pertanto, per l’Amministrazione finanziaria l’agevolazione del regime impatriati, si applica quando vi è una separazione tra lavoro svolto all’estero e lavoro avviato in Italia (tale principio sarà disatteso dalla stessa Agenzia delle Entrate nel proseguo ammettendo lo Smart working in Italia per lo stesso datore di lavoro estero).
Con la RM 76/E/2018 l’Amministrazione Finanziaria rivede la propria posizione
La RM n. 76 del 5 ottobre 2018 registra un’apertura da parte dell’Agenzia delle Entrate per l’applicazione ai soggetti distaccati del regime impatriati e nello specifico ai casi in cui il rientro non fosse “conseguenza della naturale scadenza del contratto”, al contrario fosse “determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa”. A tale riguardo, secondo l’Agenzia delle Entrate, l’agevolazione poteva risultare applicabile nelle ipotesi di distacco più volte prorogato, nel caso in cui la lunga durata del distacco stesso avesse determinato un affievolimento dei legami con il territorio italiano e un effettivo radicamento all’estero, o in cui il rientro in Italia si fosse posto in discontinuità con la precedente posizione lavorativa, determinata da un differente ruolo aziendale rispetto a quello originariamente ricoperto, assunto la momento del rientro in virtu’ delle acquisite competenze ed esperienze maturate all’estero.
La CM 33/E/2020 complica ulteriormente l’applicazione per i soggetti distaccati
L’Amministrazione Finanziaria, che sembrava orientata ad una evidente apertura, successivamente, con la CM 33 del 28 dicembre 2020 è tornata sui suoi passi, adottando un atteggiamento restrittivo e sostenendo che per l’agevolazione debbano sussistere elementi di “discontinuità”, indicandone gli elementi specifici.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, la discontinuità si esplicita nella “novità della prestazione” ovvero la sottoscrizione al momento del rientro in Italia di un nuovo contratto e l’assenza di quelli elementi che di fatto possano far ritenere che si continui ad applicare le condizioni contrattuali previgenti all’inizio del distacco.
Di fatto si nega in tale modo l’applicazione dell’agevolazione nella grande maggioranza dei casi di distacco, in quanto assai difficilmente il distaccante provvede alla sottoscrizione di un nuovo contratto o la regolamentazione di rapporti differenti rispetto a quelli previgenti.
In particolare, l’Agenzia delle Entrate richiede che l’assenza di continuità rispetto alla posizione ante distacco risulti da un nuovo contratto di lavoro. A titolo esemplificativo costituiscono titolo ostativo all’agevolazione del regime impatriati;
- siano riconosciute le ferie maturate con il precedente contratto al dipendente rientrato in Italia;
- sia riconosciuta la medesima anzianità contributiva;
- La mancanza di un periodo di prova;
- La mancata liquidazione del TFRmaturato nella precedente posizione lavorativa.
La posizione contraddittoria dell’Agenzia delle Entrate negli interpelli pubblici
Tuttavia, la posizione dell’Agenzia delle Entrate, non solo risulta restrittiva ma anche contraddittoria, determinando anche ampio disorientamento nella sua lettura. Infatti, a riguardo, va citata (tra le altre risposte, si veda la n. 683 del 7/10/2021, la n. 119 del 17/3/2022, la n. 159 del 28/3/2022) la risposta pubblica all’Interpello del 11/5/2022 n. 259, in cui in assenza di un “nuovo contratto” l’Agenzia delle Entrate ha sostenuto sussistere nel caso di distacco i requisiti del regime degli impatriati.
Infatti l’Agenzia delle Entrate espressamente nell’interpello n. 259 del 11/5/2022 ha sostenuto che “I predetti indici di “continuità” come precisato nella citata circolare n. 33/E del 2020, sono indicati in via meramente esemplificativa e, pertanto, occorre valutare in relazione alla singola fattispecie nel suo complesso considerata, se in concreto il radicamento all’estero del dipendente e la discontinuità del “nuovo” ruolo aziendale siano idonei a soddisfare la ratio attrattiva della norma”.
Pertanto, la posizione dell’Agenzia delle Entrate non trova conforto in alcun modo nella norma del regime impatriati, tra l’altro introducendo ed esasperando il requisito della discontinuità, facendolo valere, come nel caso della risposta all’Interpello n. 259 del 11/5/2022, in maniera assolutamente soggettiva.
La giurisprudenza delle Commissioni Tributarie Regionali e delle Corti di Giustizia secondo grado
In attesa che la Suprema Corte si pronunci definitivamente su una posizione che a livello giurisprudenziale sembra indirizzata in maniera pressoché univoca, si citano alcune sentenze sia di primo grado che di secondo grado che sembrano piuttosto emblematiche.
La sentenza della CTR della Lombardia n. 2816 del 25/9/2023 traccia con evidenza il principio della impossibilità da parte dell’Agenzia delle Entrate con propria documentazione di Prassi, di ampliare o restringere la portata di una norma. Infatti, la sentenza recita che “… un documento di mera prassi non può modificare il contenuto di una norma di legge prevedendo requisiti e condizioni che la norma non menziona; soprattutto in un ambito, come quello in esame, dove l’evoluzione nel tempo delle norme agevolative (vedi il confronto con la normativa del 2010 su controesodati) indica chiaramente che non ci si trova di fronte ad una dimenticanza, nel non prevedere l’esclusione dei rientri da distacco con la normativa del 2015, ma ad una precisa e consapevole scelta del legislatore, che ha inteso superare quella esclusione ed ampliare il perimetro di accesso al beneficio”.
La sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, n. 1118 del 19/4/2024 sostiene che “la dichiarazione dei redditi mantiene la natura di dichiarazione di scienza, e quindi emendabile anche attraverso istanza di rimborso nei limiti dei 48 mesi previsti dalla legge, e non di volontà (infatti è del tutto illogico sostenere che il contribuente possa manifestare la “volontà” di pagare un tributo maggiore, avendo la possibilità di scegliere quello agevolato). Inoltre, in merito all’aspetto contrattuale del distacco, la Corte di Giustizia evidenzia in maniera piuttosto marcata che “In conclusione, l’ostinazione con la quale l’ufficio perseveri nel denegare il diritto al rimborso, arrampicandosi sugli specchi costituiti da elementi contrattuali del tutto irrilevanti rispetto alla presente controversia quali l’anzianità di servizio, il mantenimento del TFR, che costituiscono garanzie contrattuali comunemente previste a tutela dei dipendenti, risulta incomprensibile a questa Corte.”
Per quanto attiene alla sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, n. 2343 del 10/9/2024 sostiene che“ai fini dell’acceso al beneficio, è sufficiente la sussistenza dei presupposti previsti dalla disciplina che, peraltro, nel caso di specie, non sono stati mai messi in discussione dall’Ufficio, ciò basterebbe a confermare la fondatezza dell’istanza di rimborso. Si ricordi peraltro che i documenti di prassi interna (Circolari e Risoluzioni) in quanto subordinati alla legge non possono modificarne il contenuto prevedendo requisiti restrittivi dalle norme non indicati.”
Nello stesso senso la sentenza n. 942/2024 del 27/2/2024 della Corte di Giustizia Tributaria della Lombardia che sostiene:
“L’Agenzia delle Entrate non può precludere l’accesso al regime impatriati invocando condizioni non richieste dalla norma di legge (l’art. 16 comma 1 e ss., D.lgs n. 147 del 2015 nella versione vigente al 30.4.2019), ma poste da mere circolari prive di valore normativo, valevoli solo come guida della prassi interpretativa dell’Amministrazione ma inidonee ad integrare il precetto normativo”.
“La circostanza che nella normativa su “controesodati” si sia reso necessario prevedere espressamente una esclusione dal beneficio delle ipotesi di distacco, e che tale previsione non sia stata ripetuta dal legislatore nella normativa del 2015 sugli “impatriati”, induce a concludere che il legislatore non abbia inteso ex se esclusa dalla agevolazione la situazione di rientro dei lavoratori distaccati.”
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