Regime Lavoratori Impatriati Internazionalizzazione

Regime Lavoratori Impatriati: quando spetta? L’ipotesi di smart working e datore di lavoro soggetto estero

Regime Lavoratori Impatriati

Il regime fiscale degli impatriati si applica a favore delle persone fisiche rientrate e quindi residenti in Italia, anche nell’ipotesi di smart working e nel caso di datore di lavoro rappresentato da soggetto estero; questo il principio contenuto nella risposta da parte dell’Agenzia delle Entrate all’interpello n. 596 del 16 settembre 2021.

Con la risposta all’interpello n. 596 del 16 settembre 2021, l’Agenzia delle Entrate ha ammesso l’applicabilità del regime speciale per i lavoratori impatriati anche in favore di un cittadino italiano iscritto all’AIRE, dipendente di una società statunitense, che rientra in Italia continuando a svolgere l’attività in modalità smart working per la stessa azienda straniera.

L’Ufficio ha infatti ribadito che nelle ipotesi di smart working rileva esclusivamente il luogo effettivo nel quale il lavoro viene prestato con la conseguenza che, al ricorrere di tutte le condizioni previste per fruire dell’agevolazione, il regime speciale per i lavoratori impatriati si applica anche nel caso in cui il datore di lavoro sia un soggetto non residente. 

Il caso relativo all’interpello, riguarda un soggetto italiano che lavora per una società statunitense e che gli ha concesso di svolgere l’attività di lavoro dipendente a distanza dall’Italia in modalità smart-working, per un periodo di almeno due anni.

L’interpello è stato presentato al fine di accertare se è possibile beneficiare a partire dal 2021 (essendo rientrato in Italia da maggio 2021) del regime fiscale di favore degli impatriati, in quanto introdotto per attrarre dall’estero i lavoratori. Inoltre, in presenza della figlia minorenne, l’istante ritiene altresì di poter usufruire del prolungamento per altri cinque anni (oltre ai cinque ordinari), del regime fiscale degli impatriati.

La norma di riferimento del regime dei impatriati è l’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 e successive modifiche, ed in particolare dal collegato alla legge di bilancio 2020.

Il citato regime speciale, prevede che i soggetti che a decorrere dal 30 aprile 2019 trasferiscono la residenza in Italia, possano beneficiare di un’esenzione del 70% dell’imponibile fiscale dei loro redditi prodotti in Italia (o 90% in caso di trasferimento di residenza in una delle regioni del “Sud Italia” o delle “Isole“).

Per fruire del trattamento di favore, il lavoratore deve possedere i seguenti requisiti:

  • Trasferire la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del TUIR;
  • Non essere stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e, nel contempo, impegnarsi a risiedere in Italia per almeno due ulteriori anni;
  • Svolgere l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

Oltre ai cittadini italiani iscritti all’AIRE, possono usufruire del beneficio fiscale anche i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra Ue con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale:

  • (i) in possesso di un titolo di laurea e a condizione che abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più;
  • ovvero (ii) che abbiano svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi due anni o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream. 

In merito alle specifiche applicazioni e approfondimenti del regime speciale in argomento, l’Agenzia  richiama la sua precedente circolare 33/E del 28 dicembre 2020. Nello specifico, il paragrafo 7.5 della menzionata circolare, precisa che la normativa non richiede che l’attività sia svolta per un’impresa operante sul territorio dello Stato; conseguentemente possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia la loro attività alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti). 

Un punto di particolare rilevanza espresso dall’Amministrazione Finanziaria è il fatto che il lavoratore impatriato potrebbe configurare una stabile organizzazione nel territorio dello Stato del datore di lavoro non residente, ai sensi di una Convenzione contro le doppie imposizioni conclusa dall’Italia, ove esistente, o ai sensi dell’articolo 162 del TUIR. In tal caso, il regime speciale in esame non si estende al reddito d’impresa imputabile al datore di lavoro estero, che sarà, pertanto, assoggettato a tassazione ordinaria.

Infine, l’interpello si sofferma poi sull’estensione dell’agevolazione del regime degli impatriati, in presenza di un figlio minorenne che, permette, all’Istante, di fruire dell’agevolazione per ulteriori cinque periodi d’imposta, con tassazione del reddito agevolato nella misura ridotta del 50%. 

L’agevolazione è fruibile per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.